Quali domande ti fanno di solito i clienti e come rispondi?
Più che domande, quello che mi colpisce di tante persone che ho ascoltato, è la loro certezza, quando parlo con loro la prima volta, di non avere alternative alle scelte compiute, come se la propria vita dipendesse da "qualcosa" sulla quale non hanno nessuna influenza o potere decisionale.
Quello che faccio notare, in molti modi, è che quanto hanno detto è vero tanto quanto hanno scelto loro che sia così. Poi un pò alla volta lavoriamo sulla capacità che ha ognuno di noi di saper decidere e pian piano, noto come incominciano a intravedere nuove possibilità, ad avvertire la magigore fiducia in loro stessi. a questo punto comprendo che abbiamo incominciato a lavorare verso il cambiamento desiderato.
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Hai qualche informazione particolare che vuoi condividere sul tuo lavoro?
Quello che ho appreso, è che non c'è mai un modo solo di far le cose. Magari rispetto ad un determinato problema non so, al momento, quale possa essere una possibile soluzione, e comunque le soluzioni sono efficaci solo se condivisibili da Counselor e cliente. Quello di cui ho la granitica certezza è che una qualche soluzione c'è. Sempre.
Inoltre nel mio lavoro, pur avendo appreso numerosi "schemi" e approcci ai problemi, ogni volta che mi trovo a parlare con un cliente, so che una persona non è uno schema. Ogni individuo è unico, come unico è l'approccio verso di lui e la sua storia.
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Hai qualche esperienza che ti piacerebbe condividere?
Ricordo una conoscente che, ero alle prime armi, quasi quindici anni fa, mi parlò di una sua paura ricorrente, e discorrendo, poi, me ne parlò di svariate altre. Mentre ne parlavamo gli suggerii di fare alcuni movimenti e visualizzare alcune immagini, gli dissi, per convincerla a farlo, semplicemente che volevo compredere io come facesse ad avere quella paura ricorrente.
Al termine della "chiacchierata" sapevo che quella paura non le sarebbe mai più appartenuta. Le chiesi di mettersi nella condizione che le generava quella paura ma rifiutò, non poteva credere che apparteneva già al suo passato, per altro mi aveva raccontato che l’aveva da quando ne aveva memoria.
A distanza di un mese ci ritrovammo e le dissi che a causa di un mio problema contingente, avrebbe dovuto mettersi nella condizione che generava quella paura di cui mi aveva parlato, o almeno provarci, perché diversamente la difficoltà sarebbe stata mia.
Mettendosi in quella condizione scoprì che la paura semplicemente non "veniva" più.
Mi sarei aspettato che cercasse poi di risolvere anche le altre sue paure, ma preferì mantenere quegli altri suoi limiti, che evidentemente, in qualche modo, erano parte dell'equilibrio che si era creata.
Quello che ho appreso da quell'esperienza e che ogni delusione (in questo caso la mia) è generata da una aspettativa mancata (la mia era che ognuno di noi desideri ardentemente "liberarsi" delle proprie paure e scoprire nuovi orizzonti).
Inoltre, ho compreso che generare, in qualche modo, cambiamenti non richiesti dal prossimo, a determinati livelli, non produce poi risultati di buona qualità.
Il cliente, il cambiamento, deve volerlo con tutta l’anima.
Ora se qualcuno mi chiede una qualche forma di "cambiamento" gli chiedo prima di tutto se lo vuole veramente e di mettersi alla prova verso se stesso, prima di intraprendere un percorso di qualunque genere.
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