Intraprendere un percorso di psicoterapia è, nella mia esperienza, conoscenza di sé attraverso la relazione. E’ nel legame, infatti, che si incontrano le dinamiche interne a noi stessi, responsabili delle nostre paure e delle nostre risorse. Sempre attraverso il legame si ha occasione di sperimentare uno spazio mentale nuovo, in cui poter prendere le distanze dagli aspetti che generano in noi sofferenza, comprendendone l’origine e il significato e acquisendo così la capacità di vedere le cose con occhi diversi. D'altronde la mente si forma, per noi esseri umani, all’interno delle relazioni e durante il lungo accudimento di cui abbiamo bisogno per crescere. “Le relazioni ammalano e le relazioni curano”. La psicoterapia è, dunque, una relazione “fatta ad arte”, un luogo di osservazione privilegiato per attivare in noi processi di cura, attraverso la parola, ma anche attraverso il corpo e il suo linguaggio. Prima che parole, infatti, la comunicazione è vista, udito, tatto, gusto, olfatto, sensazioni; le parole hanno colori, odori e sapori e qualità tattili. Spesso, infatti, i sintomi si strutturano attraverso manifestazioni corporee. “Il corpo che parla”, con le manifestazioni di ansia, paura, fobia e sintomi psicosomatici, né è testimone.
L'approccio che utilizzo con le persone che si rivolgono a me fa riferimento al modello gruppoanalitico secondo il quale la mente è innanzi tutto relazionale, cioè ognuno di noi nasce , cresce e vive facendo esperienza di numerose e differenti relazioni sulla base delle quali si costruisce l’identità . Il piccolo cucciolo d’uomo si evolve e diventa tale in un lungo periodo di tempo essendo per lunghi periodo dipendente dalle figure di accudimento. In questi senso il processo evolutivo della persona si colloca in in un complesso intreccio di relazioni: dall’individuo al gruppo primario (famiglia), alle diverse forme di aggregazione spontanee o organizzate (società e istituzioni), alle matrici culturali, alle proprie origini familiari, relative ad un passato lontano. L’insieme delle esperienze relazionali interiorizzate costituiscono i punti di forza che contribuiscono al nostro benessere ma, talvolta, condizionando eccessivamente l’esperienza di vita del soggetto, sono responsabili del nostro malessere, determinando ripetizioni di schemi relazionali, atteggiamenti interni, modalità comportamentali disfunzionali. Da qui una riduzione, spesso significativa, della capacità di vivere in modo autentico le situazioni che si presentano e della possibilità di costruire e dare nuovo senso all’esperienza attuale, determinando l'insorgenza di ansia, fobie, depressione, problemi relazionali, fatica di vivere.
Negli ultimi anni alla formazione gruppoanalitica ho affiancato anche l'utilizzo dell'Emdr e della Mindufness.
L’integrazione della gruppoanalisi con la tecnica dell’Emdr e la Mindfulness permette di focalizzare l’attenzione del campo psicoterapeutico e ralazionale, non solo al linguaggio e alla parola, ma anche alle connessioni corporee e alle memorie somatiche che si trovano alla base delle nostre esperienze relazionali. Spesso, infatti, i sintomi ne sono testimoni, il corpo racconta una storia fatta di sensazioni corporee, olfattive, tattili, di attivazioni ansiose, cadute depressive e manifestazioni psicosomatiche. Le tecniche che si rifanno all’Emdr e alla Mindfulness mirano a rintracciare e ad integrare tali vissuti, riconnettendoli alle parole e permettendo, quindi, una elaborazione più efficace dei propri disturbi.
In particolare L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, soprattutto allo stress traumatico.
La memoria degli eventi traumatica si immagazzina in memoria in modo dissociato. Per intenderci , si interrompe la percezione integrata del ricordo. Le emozioni possono attivarsi in modo completamente disconnesso dall’evento e, viceversa, l’evento spesso può essere raccontato senza alcuna implicazione emotiva.
L’EMDR si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatica ed è una metodologia completa che utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra per trattare disturbi legati direttamente a esperienze traumatiche o particolarmente stressanti dal punto di vista emotivo.
L’obiettivo dell’EMDR è quello di ripristinare il naturale processo di elaborazione delle informazioni presenti in memoria per giungere ad una risoluzione adattiva attraverso la creazione di nuove connessioni più funzionali e all’elaborazione del ricordo in modo più integrato tenendo conto delle sue implicazioni di pensiero, emozioni e sensazioni corporee.
In questo senso si colloca l’utilizzo della Mindfulness. Essere in uno stato di Mindfulness, infatti, vuol dire portare un’attenzione focalizzata, intenzionale e non giudicante, all’esperienza del momento presente, che permetta di fotografare e cogliere la propria esperienza ai vari livelli: sensazioni, emozioni, pensieri. Lo sviluppo della capacità di sintonizzarsi con il tempo presente permette di costruire un senso di stabilità e sicurezza, come una finestra da cui guardare al mondo delle cose, delle relazioni, senza esserne travolti. Alla base delle pratiche meditative troviamo l’attenzione costante al respiro e al processo del respirare. Il respiro è ciò che ci collega alla vita: lo possiamo immaginare come un filo che unisce tutti gli eventi della vita dalla nascita alla morte. L’esercizio all’attenzione consapevole migliora la percezione di sé, partendo dal respiro fino ad arrivare a consapevolezza più complessa.