Giovanni Diffidenti, fotoreporter bergamasco, racconta l’essere umano da oltre due decenni. Ha viaggiato e vissuto in diverse parti del mondo non solo per documentare, ma per raccontare attraverso le immagini, i casi più drammatici dell’uomo, le sue disgrazie e necessità, per cause naturali, sociali o militari. La valenza della sua fotografia non si esaurisce con lo scattare, ma con lo stabilire un contatto, una relazione con la persona fotografata. Di ognuna infatti Diffidenti racconta la storia, le circostanze, il significato. Di ogni persona saprebbe dire vita e condizioni, perché con ognuna ha parlato, ha chiesto con discrezione, spiegando e chiedendo il permesso per quello che stava facendo.
Questo è il senso del suo lavoro, e il risultato che ne scaturisce è sempre sincero, intimo ed emozionante.
“Poco importa” se il lavoro gli viene commissionato da importanti ONG ed organizzazioni umanitarie (ha ricevuto commissioni da parte delle Nazioni Unite, come UNICEF, WHO, UNHCR e da molte organizzazioni umanitarie come CESVI, Concern Worldwide, Save the Children, Oxfam, Norwegian People’s Aid, per citarne alcune), l’approccio con il quale egli affronta ogni nuova sfida è sempre lo stesso: uno sguardo semplice, delicato, profondo.
Espone e pubblica su riviste e libri internazionali raccontando di Aids in Africa, del dopo terremoto in Pakistan, dell’attività di un medico in Bolivia, degli effetti delle mine antiuomo in ben 17 paesi. In particolare quest’ultimo lavoro è stato molto apprezzato dal premio Nobel per la Pace Jody Williams, attivista americana nota per il suo impegno per la messa al bando delle mine antiuomo e la difesa dei diritti umani, la quale ha negli anni inaugurato mostre del fotoreporter in diverse parti del mondo.
Che si tratti di un grande tema umanitario o del disagio di un piccolo e sconosciuto villaggio, dal momento che al centro del suo interesse c’è l’uomo, il suo corpo, il suo volto, le sue vicissitudini, non c’è storia che Diffidenti non possa raccontare, facendosi portavoce non solo della sua condizione, ma anche e soprattutto dei suoi sentimenti.
“.Non solo i protagonisti sono loro, ma queste immagini appartengono a loro, non sono mie, io ve le ho solo mostrate.”